Rinunciare ad investire 800 milioni di euro per dotare l’Italia di una migliorata rete di comunicazioni è una decisione molto grave. Non investire oggi in tutto ciò che ruota intorno alla rete e ad Internet significa non accorgersi di tre fenomeni rivoluzionari che ci stanno attraversando:
1) Il fenomeno iPhone della Apple, un successo commerciale senza precedenti nella storia del capitalismo. Mai un nuovo prodotto che abilita l’uso di una tecnologia di accesso era stato così rapido in termini di quote di mercato e consumatori acquisti nel mondo. La curva di ingresso sul mercato dell’iPhone è una retta con una pendenza impressionante che a ridosso del secondo compleanno non accenna segni di diminuzione. L’Apple non ha conosciuto nessuna fase di ingresso sonnecchiosa sul mercato. Rispetto all’andamento di Netscape, che lanciò il browser Internet, siamo su un’altra dimensione geometrica. L’iPhone battezza il mobile internet e lo fa con la velocità della modernità: superaccelerata. Non ci vorrà molto prima che gli utenti dello smartphone della Apple inizieranno a chiedere banda più larga per i loro servizi.
2) La crescita endogena dipende sempre di più dalla capacità di valorizzare la conoscenza. La cosiddetta legge di Read recita che la crescita del valore economico di un network è esponenziale al crescere del numero dei nodi. In questo caso ad aumentare è il valore della conoscenza messa in rete da Internet e dalla banda larga. Ne discende che senza banda larga si valorizza meno del possibile la conoscenza. Quindi si perde competitività
3) Le innovazioni tecnologiche hanno ormai di nuovo reso mobile la rete fissa. Il lungo ciclo del primato della comunicazione radio in mobilità si sta chiudendo. E tutti i tecnici del mondo sanno bene che l’unica banda veramente larga possibile è quella fissa perché quella mobile al massimo della evoluzione tecnologica può diventare semilarga. Quindi investire in banda larga di nuova generazione significa aprire il paese alla rivoluzione del cloud networking e delle reti wireless innovative territoriali.
Insomma rinviare investimenti nella banda larga equivale a rallentare la crescita economica, culturale e sociale di un territorio. Rallentarne la possibilità di sfruttare al meglio le innovazioni del WiMax o delle antenne più innovative. E soprattutto significa accumulare pericolosi ritardi lungo la strada della valorizzazione del sapere e della conoscenza. Non è un mero esercizio contabile, non si tratta soltanto di una decisione se gli 800 milioni di euro vanno messi nell’infrastruttura Pippo o nella banda larga.
1) Il fenomeno iPhone della Apple, un successo commerciale senza precedenti nella storia del capitalismo. Mai un nuovo prodotto che abilita l’uso di una tecnologia di accesso era stato così rapido in termini di quote di mercato e consumatori acquisti nel mondo. La curva di ingresso sul mercato dell’iPhone è una retta con una pendenza impressionante che a ridosso del secondo compleanno non accenna segni di diminuzione. L’Apple non ha conosciuto nessuna fase di ingresso sonnecchiosa sul mercato. Rispetto all’andamento di Netscape, che lanciò il browser Internet, siamo su un’altra dimensione geometrica. L’iPhone battezza il mobile internet e lo fa con la velocità della modernità: superaccelerata. Non ci vorrà molto prima che gli utenti dello smartphone della Apple inizieranno a chiedere banda più larga per i loro servizi.
2) La crescita endogena dipende sempre di più dalla capacità di valorizzare la conoscenza. La cosiddetta legge di Read recita che la crescita del valore economico di un network è esponenziale al crescere del numero dei nodi. In questo caso ad aumentare è il valore della conoscenza messa in rete da Internet e dalla banda larga. Ne discende che senza banda larga si valorizza meno del possibile la conoscenza. Quindi si perde competitività
3) Le innovazioni tecnologiche hanno ormai di nuovo reso mobile la rete fissa. Il lungo ciclo del primato della comunicazione radio in mobilità si sta chiudendo. E tutti i tecnici del mondo sanno bene che l’unica banda veramente larga possibile è quella fissa perché quella mobile al massimo della evoluzione tecnologica può diventare semilarga. Quindi investire in banda larga di nuova generazione significa aprire il paese alla rivoluzione del cloud networking e delle reti wireless innovative territoriali.
Insomma rinviare investimenti nella banda larga equivale a rallentare la crescita economica, culturale e sociale di un territorio. Rallentarne la possibilità di sfruttare al meglio le innovazioni del WiMax o delle antenne più innovative. E soprattutto significa accumulare pericolosi ritardi lungo la strada della valorizzazione del sapere e della conoscenza. Non è un mero esercizio contabile, non si tratta soltanto di una decisione se gli 800 milioni di euro vanno messi nell’infrastruttura Pippo o nella banda larga.
L’investimento nelle nuove reti di trasporto dei prodotti e dei servizi digitali è un passo obbligato per restare competitivi, per stimolare il miglioramento della produttività e per offrire un territorio in grado di attrarre capitale e talenti. Soprattutto è un investimento dovuto verso i più giovani che più di ogni altro lavoratore potrebbero beneficiare dell’investimento. Già scontano il prezzo più salato della crisi che li ha resi ancor più precari; negargli anche la dotazione di infrastrutture che i loro pari finlandesi o olandesi hanno è un po’ come condannarli a stare nell’euro in una posizione di inferiorità. Un po’ come prendere una decisione di ingiustizia sociale. La dotazione infrastrutturale italiana non è oggi deficitaria, ma potrebbe diventarlo se gli investimenti continuassero ad essere rinviati nel tempo. Per questo è bene che le risorse promesse vengano trovate presto.
Edoardo Narduzzi è presidente di TechEdge S.p.a
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