giovedì 26 agosto 2010

votare dal cellulare...non male eh?

Nel Giappone ipertecnologico anche la politica cerca di stare al passo coi tempi. Dal prossimo settembre infatti i consiglieri dell’assemblea di un comune di Chiba, popolosa prefettura alla periferia orientale di Tokyo, potranno votare i provvedimenti con moderni smartphone, con risparmio considerevole per le casse pubbliche.
A ognuno dei 28 componenti del consiglio comunale di Nagareyama, città di circa 160.000 abitanti, sarà consegnato un cellulare ‘intelligente’ di nuova generazione, basato sul sistema operativo Android sviluppato da Google. Dopo aver digitato una password personale, ogni consigliere potrà inviare il proprio voto per via telematica scegliendo tra due opzioni che appariranno sullo schermo tattile, ‘favorevole’ o ‘contrario’.
Il sistema è stato pensato per essere anche a prova di ‘pianisti’, dato che l’immissione dei comandi è legata a un profilo strettamente personale ed è richiesta la presenza fisica dei votanti all’interno dell’aula, pena l’impossibilità di connettersi alla speciale rete wireless privata.
A ispirare l’iniziativa hi-tech, tuttavia, ci sono non tanto velleita’ da appassionati di gadget moderni ma piuttosto ragioni concrete di bilancio: il nuovo sistema, progettato dal colosso Ntt Docomo, primo operatore mobile nipponico con oltre 56 milioni di utenti, costerà alle casse comunali 1,3 milioni di yen (12.000 euro) per il primo anno e 500.000 yen per quelli successivi, contro 1,5-2 milioni di yen necessari per il leasing annuale delle tradizionali infrastrutture con i pulsanti nelle postazioni.

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/giappone-smartphone-elezioni-cellulare-518828/

venerdì 20 agosto 2010

L'utilizzo intelligente di Internet da parte di Nichi Vendola




POST: INTERNET E LA DIFFIDENZA DELLA POLITICA
Autore: Nichi
“C’è sotto qualcosa”, dice Umberto Bossi riferendosi al risultato ottenuto dalla mia pagina su facebook, pensoso e preoccupato perché il corpo del re è stato intaccato, ed è vero. Sbaglia solo nel ritenere che quel qualcosa sia sotto, inteso come luogo fisico; c’è qualcosa in senso diffuso e orizzontale nel popolo, c’è una volontà e una richiesta precisa di partecipazione e di cambiamento che si esplicita e prende corpo anche attraverso internet, anche attraverso il web e i social media.
E questo non è per niente chiaro a buona parte del mondo politico italiano che percepisce internet con una buona dose di diffidenza, o al meglio, come una vetrina da sfruttare nelle tornate elettorali.
Probabilmente temono le potenzialità della rete, il suo carattere libero, che sfugge al controllo di chi ha reso questo Paese una Repubblica televisiva fondata sul sondaggio e sul telecomando. Forse è questa idea di libertà che spaventa, forse è la scarsa abitudine al confronto continuo a lasciare stupiti. Abituati come sono a giornali e telegiornali manovrati, che sempre più spesso trasmettono l’immagine immacolata del capo supremo e instillano quotidianamente l’ideologia del ghe pensi mi.
C’è alla base una diversa concezione della politica, un modo antitetico di vivere il rapporto con il popolo, con i cittadini. Ci sono le comunità del rancore create ad arte per individuare i nemici contro cui armare il braccio della propaganda a fini elettoralistici e ci sono comunità consapevoli, libere, che vivono secondo il principio della condivisione e del confronto sulle esperienze di buon governo e di buona politica.
C’è chi parla all’ombelico delle persone e si adatta come una panciera al bassoventre degli interessi particolaristici del nostro paese, proteggendo tornaconti di bottega, affossando i codici civili, il senso della decenza, e scialacquando denaro pubblico per il pagamento delle multe delle quote latte; e c’è chi invece guarda alle nuove generazioni e al loro futuro e pensa sia necessario iniziare a costruire collettivamente qualcosa di diverso, di migliore.
Il risultato ottenuto dalla mia pagina facebook con oltre 230mila persone che hanno scelto di dialogare quotidianamente con me, mi inorgoglisce e penso non possa essere relegato a fenomeno marginale della vita politica del nostro paese, o peggio, a fenomeno di costume.
Questo risultato deve essere letto in maniera molto più approfondita, perché è il segno inequivocabile del cambiamento in atto nella società. Non certo perché la mia persona è oggetto di attenzioni: le adesioni alla mia fan page non riguardano esclusivamente Nichi Vendola. Si tratta piuttosto dell’espressione di un desiderio di partecipazione, dell’adesione a delle idee, a un universo valoriale e a un modo diverso di intendere la politica come impegno civile, come luogo di passioni e di cooperazione. E in tutto questo internet, la rete, la creazione spontanea di comunità hanno un ruolo preciso, direi fondamentale per il futuro non solo dell’Italia, perché catalizzatori di buone esperienze collettive e perché portatori di idee di libertà e di pace.
Questa convinzione mi ha spinto ad aderire, insieme a pochissimi altri politici italiani, alla campagna della rivista Wired per l’assegnazione a internet del Premio Nobel per la pace.